Una “rigenerazione urbana” opaca
Mariolina De Luca e Andrea Bonessa, portavoce Verdi Europa Verde di Milano
Non ci può essere condivisione senza consapevolezza, ma non si può essere consapevoli senza informazione. Per questa ragione la trasparenza dovrà essere la cifra caratterizzante dell’azione amministrativa milanese dei prossimi anni per tornare a crescere ma unendo, finalmente, giustizia sociale e giustizia ambientale. E, fin da subito, è necessario che il Comune giochi a carte scoperte e renda consapevoli i cittadini delle motivazioni e dei criteri per le scelte e le azioni sui beni comuni. Gli esempi e le possibilità per ricominciare con il giusto passo non mancano.
A fine luglio sono state pubblicate le proposte selezionate per sei dei sette interventi inseriti nel programma Reinventing Cities, un progetto di recupero e “rigenerazione urbana” che coinvolge grandi aree dismesse e abbandonate in moltissime città del mondo. Per le sette aree messe a bando, sono arrivate all’amministrazione comunale sessantuno proposte. Di queste ne sono passate alla seconda fase ventisette.
Parliamo di svariate migliaia di mq che interessano aree come piazzale Loreto, lo scalo di Lambrate, il nodo Bovisa, via Civitavecchia, l’ex Macello e le palazzine Liberty di viale Molise. Il comune, finita la prima fase di selezione ci informa che:
“Per ciascuna area sono stati selezionati i progetti più meritevoli da apposite commissioni composte da rappresentanti del Comune di Milano e di C40, esperti internazionali di urbanistica e architettura, esperti ambientali locali ed esperti economici, da rappresentanti del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane per quanto riguarda il sito di Lambrate e di Ferrovie Nord per il nodo Bovisa. Fumata nera soltanto per l’area di via Monti Sabini, per cui era stata presentata solo una proposta, non ritenuta idonea per la fase finale.”.
Quello che meraviglia è che nel presentare i nomi e le caratteristiche dei team che hanno superato la prima fase, tutti di alto livello e indiscutibilmente validi, non vi è nessun riferimento:
– alla tipologia di progetto che hanno proposto,
– alle funzioni e alle destinazioni previste per queste aree
– alla prospettiva futura di interi quartieri cittadini.
Né in verità vi è qualsiasi accenno ai componenti delle giurie, definiti esclusivamente come “esperti” nei diversi settori competenti, senza che si sappia di chi si parla e del ruolo che hanno avuto all’interno delle diverse giurie. Esperti che, siamo sicuri, avranno preso in esame tutte le specificità in gioco e di cui sarebbe stato interessante conoscere le motivazioni di giudizio.
A questo punto, ci sorgono una domanda e una conseguente proposta.
Trattandosi di aree così vaste, così importanti, così invasive nella loro vita, non sarebbe stato meglio coinvolgere i cittadini, informarli, raccontare cosa sarebbe successo vicino alle loro case e magari, anche solo a titolo consultivo, chiedere un loro parere? Nella logica di trasparenza del processo amministrativo e decisionale non ci dovrebbero essere, alla base, come elementi fondanti, l’informazione e la condivisione delle proposte che vengono fatte alla collettività?
E da qui la proposta: per la prossima fase, per quella che definirà quali saranno i progetti “vincitori”, non si potrebbe partire dalla pubblicazione delle ventuno ipotesi ancora sul tavolo? Almeno per la fase finale, che vede in gioco i progetti di vari team per ogni area, non sarebbe meglio, oltre agli “esperti” coinvolgere anche coloro che vivranno questi interventi e che ne saranno i principali fruitori? E magari chiedere anche a loro di esprimere un giudizio, sicuramente istintivo, probabilmente di parte e soggettivo ma formulato da chi vedrà modificato il proprio skyline, il proprio quartiere, le proprie abitudini.
Ci vengono sempre in mente, ma li vediamo sempre più lontani, i tanti discorsi sulla partecipazione dei magnifici tempi della campagna arancione. In una città che ha visto, per mano privata, poderose trasformazioni urbane e che si prepara a viverne altrettante, senza che l’amministrazione sia intervenuta se non in qualità di controllore di una conformità quantitativa, noi pensiamo che almeno per gli spazi pubblici questo coinvolgimento debba interessare anche la qualità degli interventi.
Noi crediamo che questa qualità, che significa risposta ai reali bisogni della città e non a quelli della speculazione immobiliare o delle convenienze di pochi, si possa raggiungere solo coinvolgendo la collettività tutta e riconquistando quelle funzioni d’indirizzo cui le attuali amministrazioni hanno abdicato. In futuro abbiamo bisogno di una guida e di un forte impegno pubblico che sia in grado di indirizzare lo sviluppo con decisa sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale, e questo non sarà possibile senza il coinvolgimento della cittadinanza cui dovremo dare accesso a tutte le informazioni possibili.
Una necessità di conoscenza che persegue le stesse finalità di altre richieste cui quest’amministrazione ha risposto con “estrema difficoltà”. Pensiamo, solo come esempi oltre a questo, alle partite per la trasparenza sulle nomine della Commissione del Paesaggio o le più recenti per l’informazione sull’installazione della rete 5G che hanno costretto i cittadini a procedere per vie legali per conoscere quello che dovrebbe essere un loro diritto conoscere.
Per la prima abbiamo dovuto fare un ricorso al Tar per sapere chi avesse candidato i propri rappresentati alla Commissione del Paesaggio di Milano e chi fossero tutti i candidati, compresi quelli esclusi da una selezione a porte chiuse, con la semplice finalità di capire con che criteri e in base a quali procedure un organo discriminante rispetto alle scelte urbanistiche e edilizia venisse composto.
Ricorso che si è concluso, dopo spese e oneri, con l’ammissione da parte della Segreteria Comunale della inconsistenza dell’opposizione alla pubblicazione di questi nominativi, mentre per la seconda la ricerca di notizie è ancora in corso, con un’assurda richiesta di 2.500,00 euro per la trasmissione di dati che dovrebbero essere pubblici e disponibili o con l’opposizione alla loro consegna sulla base di pretestuosi diritti alla privacy.
E allora ci chiediamo se l’Assessorato a Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open Data abbia senso o se non sia meglio sostituire alla ridondanza della burocrazia assessorile la semplicità di un’informazione aperta e trasparente. Su questo dovremo lavorare, e lavorare molto, perché ci sia un reale coinvolgimento dei cittadini nelle scelte d’interesse pubblico.
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